Dimenticate per un attimo il solito immaginario: ghiacci polari che si sciolgono, orsi bianchi che finiscono in acqua. Pensate invece, se ce l’avete, alla vostra casa al mare, magari acquistata proprio perché stava a due passi dalla riva. In breve tempo, potrebbe drasticamente svalutarsi, se è vero – come mostrano le proiezioni dell’Enea che “Il Fatto” ha riportato lo scorso lunedì – che il mare lungo le coste italiane rischia di innalzarsi in cento anni, senza interventi, di circa un metro. 

Della nuova bolla immobiliare che starebbe per crearsi, in America e in particolare in Florida, a causa del cambiamento climatico, si è cominciato a occupare il “New York Times” già due anni fa. Agli agenti immobiliari oggi viene chiesto non quanto la casa sia vicina al mare, ma quanto al riparo da mareggiate. E l’impatto economico potrebbe essere persino peggiore della crisi immobiliare del 2008, perché i prezzi delle case a bordo mare – ma anche di seminterrati o piani terra a rischio allagamento –  non torneranno più a salire.  Ma altri, importanti, settori delle nostre esistenze terrene rischiano cambiamenti repentini. Li sta mettendo nero su bianco un documento molto importante del Ministero dell’Ambiente (consultabile sul sito): il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), che nasce da un processo di dialogo multisettoriale ed è coordinato dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti climatici. Quattrocento pagine che rappresentano un strumento di supporto alle istituzioni nazionali, regionali e locali per la scelta delle azioni più efficaci di contrasto e adattamento al cambiamento climatico. 

Il climatologo? Oggi lo cercano l’agricoltore e l’assicuratore

Prima di indicare le soluzioni, però, il Piano indica l’impatto sui vari settori ambientali e umani. “Dalla variazione della frequenza degli alluvioni agli effetti sulla salute, dalle conseguenze economiche a quelle sui beni culturali: il cambiamento climatico è un problema multidisciplinare, non a caso nel mio gruppo di lavoro ci sono ingegneri e architetti”. A parlare è Paola Mercogliano, fisica e climatologa, responsabile del laboratorio di meteorologia del Centro Italiano Ricerche Aerospaziali e responsabile della Divisione del CMCC che si occupa di studiare le conseguenze quantitative e qualitative del mutamento climatico. “Oggi io mi confronto con medici, economisti, agricoltori. Noi forniamo dati anche a chi fa valutazioni finanziarie, così come alle assicurazioni. Ma facciamo, per fare un altro esempio, formazione alle guardie forestali, così come consulenza alle aziende: per una ditta che produce vestiti sapere come sarà il clima è fondamentale per disegnare le collezioni”. 

Meno farfalle – e molluschi –  e più specie aliene

È interessante, anche se preoccupante, scoprire che l’acqua in futuro potrebbe ridursi non solo in quantità ma anche in qualità, anche se il problema fondamentale è sicuramente quello della siccità, specie al centro-sud. “Se, come riportano i dati prodotti da previsioni e simulazioni del clima,  in alcune zone pioverà di più in inverno e molto meno nei mesi caldi, bisognerà capire come gestire l’acqua”, spiega Mercogliano. Sarà più frequente incontrare fiumi secchi, e laghi asciutti, con grave perdita di biodiversità. E pazienza se non vedremo più farfalle (molte popolazioni animali potrebbero sparire), il problema è un possibile aumento di “specie vettrici di agenti patogeni, con invasioni di nuove specie aliene”. 

Il tedesco?  Trova il sole a casa sua

Il principale effetto sull’agricoltura è quello di una riduzione della resa (ad esempio di mais, girasole e soia, ma anche vite e olivo potrebbero sparire dal sud Italia). Pesanti le conseguenze fisiologiche sugli animali allevati, mentre potrebbero entrare in crisi sia la produzione di molluschi che la troticultura. Niente pasta alle vongole non rappresenta magari un problema grave. Molto più importante invece, è la possibile, drastica, diminuzione dei turisti stranieri, specie del nord Europa, in Italia, che per trovare il mare caldo non dovranno far altro che restare a casa loro. Sempre più italiani, invece, rimarranno in Italia, ma il saldo finale sarà negativo, anche perché le nostre montagne perderanno l’attrazione dello scii. “Purtroppo la neve artificiale a lungo termine non va bene, perché costa e ha bisogno di acqua ed energia”, spiega Andrea Bigano,  ricercatore senior del CMCC. “Certo, magari si andrà in montagna più frequentemente in estate,  per fare escursioni o per visitare i borghi, invece che sciare, e al mare sempre più in autunno e in primavera, ma questo vuol dire che il calendario delle vacanze dovrà mutare.   Probabilmente continueremo ad avere turisti stranieri nelle città  d’arte (magari  meno d’estate), ma, per scongiurare le conseguenze delle ondate di calore predisporre servizi di allerta  meteo per eventi estremi in più lingue potrebbe essere utile”. 

Quanto è vecchio il dibattito sulla Tav 

Capitolo trasporti: se è vero che la diminuzione delle nevicate è un bene, il surriscaldamento degrada l’asfalto, e rischia di dilatare persino le strade ferrate, con aumento dei rischi di deragliamento. “Quando oggi si costruisce un ponte, ma anche un aeroporto, è fondamentale tenere conto del fatto che dovrà resistere a piogge diverse rispetto a quelle attuali”, spiega Mercogliano. Un altro capitolo riguarda poi il pericolo di danneggiamento di industrie pericolose, con fuoriuscita di sostanze, a causa di fulmini, alluvioni e frane, così come sono da considerare anche i possibili guasti, ad esempio a causa di alberi, tempeste e vento, delle infrastrutture energetiche, con possibili black out di energia. “Il picco delle richieste energetiche”, continua Andrea Bigano, “si sta spostando in estate, quando è più difficile raffreddare gli impianti e gli invasi hanno meno acqua.   Inoltre il settore energetico produce emissioni  di gas serra, ma è vittima esso stesso degli impatti del cambiamento climatico. Le possibilità di adattamento dipenderanno da come decideremo di ridurre le emissioni”.    

Salute, il cambiamento aumenta le disuguaglianze

Il Piano spiega con chiarezza pure gli effetti sulla salute. Anziani, bambini e malati cronici saranno più a rischio. Minori precipitazioni e alterazioni del vento possono inoltre provocare un aumento di pollini e muffe, mentre l’ozono e gli inquinanti urbani aumentano le crisi allergiche. Cresce anche il rischio di nuove infezioni, a causa di insetti vettori di malattie di paesi tropicali, ma anche le malattie legate alla qualità del cibo, perché il caldo favorisce i batteri del cibo. “Su questo fronte”, spiega Mercogliano, “dobbiamo mettere in atto azioni per salvaguardare le fasce deboli o il cambiamento climatico finirà per aumentare le diseguaglianze sociali”. Ma ad ammalarsi di più non saranno solo le persone, ma anche gli edifici, in particolare quelli storici, come chiese e monumenti, a causa delle precipitazioni intense, che possono colpire guglie, pinnacoli, sculture, e dello stress termico. 

Infine, una menzione al sistema assicurativo. A causa degli eventi estremi, le attività economiche e le relative infrastrutture sono sempre più assicurate. Il costo delle polizze aumenta, mentre le assicurazioni hanno sempre più disperato bisogno di previsioni esatte. “Nonostante i premi alti, infatti, le assicurazioni devono sborsare cifre altissime per riassicurarsi a loro volta, visto che, secondo un recente studio dell’Universita’  di Berkeley, i danni da cambiamento climatico ammontano nel 2017 allo 0.25% del Pil mondiale, circa 190 miliardi di dollari, tra i 4 e i 6 per l’Italia,”, dice il prof. Carlo Carraro, docente all’Universita’  Ca’ Foscari di Venezia e membro del comitato strategico del CMCC. Ma come lo stesso Carraro precisa, gli interventi di contrasto e adattamento al cambiamento climatico sono tantissimi, dalle “micro” azioni – sostituire tutte le vecchie lampadine con lampade Led soprattutto nei servizi pubblici – agli strumenti crescenti offerti dalla cosiddetta finanza climatica. “Gli strumenti attuali ci permettono anche di indicare delle priorità su scala geografiche di dettaglio”, conclude Paola Mercogliano. Di questo, “Il Fatto” parlerà in una prossima puntata. Ma intanto è fondamentale visualizzare come le cambieranno le nostre vite. Sicuramente in peggio, ad esempio, per gli aviofobici, visto che tra le conseguenze del cambiamento climatico c’è, sic, un aumento delle turbolenze in quota. Non solo orsi polari a rischio, insomma. L’aumento delle temperature può significare anche, chi l’avrebbe detto, un carrello di bibite rovesciato in cabina.  

8 marzo 2019, Il fattoquotidiano

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