Abito in una casa molto antica, dai muri spessi, poco luminosa e senza spazi esterni.

L’inverno è confortevole ma quando comincia a fare molto caldo, ormai sempre prima, la mancanza di uno spazio esterno si fa sentire.

Così, di recente ho aderito all’offerta lancio di un enorme centro sportivo che apriva vicino casa. Spazi verdi, enorme piscina, palestra, etc.

La considero, letteralmente, una personale e privata forma di adattamento al cambiamento climatico visto che, al momento, adattarsi sembra l’unica strategia possibile nell’immediato.

Ma frequentare questo circolo, pure non troppo costoso, mi dà una certa malinconia. Penso a chi non può permettersi nessun abbonamento. Alle famiglie che vanno incontro al caldo e non possono fruire gratuitamente né di piscine né di spiagge.

Qui solo piscine private, nel Nord Europa invece pubbliche (e belle)

Nel nostro Paese, purtroppo, specie al Centro-Sud, meno al Nord, la piscina è qualcosa di quasi esclusivamente privato, sia d’inverno come d’estate.

Mi viene da dire un po’ come il dentista, sembra che si possa accedere solo privatamente. Solo che i costi sono molto alti, perché per una giornata di piscina si arriva a spendere quindici euro almeno. Se si va con la famiglia, l’importo diventa altissimo.

Difficile che una famiglia media possa permetterselo tutti i giorni. L’alternativa sono i centri estivi per i bambini, ma questo solo quando è chiusa la scuola.

Centri che comunque costano molto, come ho già scritto varie volte, almeno 150 euro a settimana, ma risolvono il problema del raffrescamento solo per i piccoli. Eppure anche i genitori che stanno in città quando l’aria si fa rovente ne avrebbero bisogno.

La mia città, Roma, è povera di piscine pubbliche d’estate. L’amministrazione capitolina fino all’anno scorso, quest’anno ancora non so, aveva lanciato l’iniziativa “piscine gratis per gli over 70”.

Iniziativa lodevole, ma non si vede perché invece per le famiglie, che ne avrebbero ancor più bisogno avendo bambini piccoli, nulla è previsto.

Spiagge, il problema irrisolvibile delle concessioni

A noi sembra normale pagare, e molto, per una piscina estiva, ma basta andare in Nord Europa per trovarne tantissime, pubbliche, accessibili anche ai turisti a prezzi irrisori.

Questo vale per la verità anche per alcune regioni del nord, come il Trentino Alto Adige e la Valle d’Aosta.

C’è una tradizione di piscina pubbliche, enormi, con scivoli e giochi d’acqua, accessibili davvero a tutti. Spesso non si conoscono, proprio perché siamo disabituati a cercarle, ad aspettarcele.

Se passiamo al capitolo spiagge la situazione forse è ancora peggiore. Lo leggiamo sui giornali ormai da anni.

Da noi le spiagge sono state date in concessione a prezzi irrisori a stabilimenti che in questi anni hanno fatturato tantissimo.

L’intero litorale italiano è stato occupato, con pochissime zone lasciate libere per chi non volesse pagare prezzi spesso folli per accedere alla spiaggia (cosa che dovrebbe essere garantita a tutti, così come è di tutti il bagnasciuga e soprattutto il mare di fronte agli stabilimenti).

Anche qui, per una giornata si arriva a spendere dai 30 ai 50 euro, ed è comprensibile che le giornate di mare, allora, restino pochissime.

Sappiamo che tutto questo non è legale, perché le concessioni andrebbero rimesse a bando, come l’Europa ci sta chiedendo con pressione crescente.

E se è parzialmente comprensibile la frustrazione di chi ha avuto, però erroneamente, la concessione per decenni, sicuramente chi continua a rimetterci è il cittadino, o la famiglia, normali. Che appunto vedono ridursi al lumicino la possibilità di accedere al mare gratuitamente, nel Paese che ha più mare d’Europa. Un paradosso totale.

Se il pubblico non garantisce il raffrescamento

Di nuovo, all’estero la situazione è diversa.

Le spiagge libere sono moltissime. Alcune sono attrezzate e si paga per lettino e ombrellone, ma non sono veri e propri stabilimenti, sono piccoli servizi a piccoli prezzi di un bene che resta comunque pubblico, come dovrebbe essere. Ma qui ritorniamo allora al punto iniziale, quello delle temperature torride e della crisi climatica.

In estate, abbiamo ancor più bisogno di beni pubblici che d’inverno. E questi beni pubblici sono, appunto, piscine e spiagge.

Ne abbiamo bisogno direi disperatamente, visto il clima e tutti, ma davvero tutti, dovrebbero potervi accedere senza l’angoscia della spesa.

Penso anche alle tante famiglie immigrate, con tanti bambini che hanno tanta voglia di tuffarsi.

Il problema resta, ancora una volta, culturale. Ormai viviamo in una sorta di dittatura del privato.

Sappiamo che se vogliamo certi servizi dobbiamo pagare. Sappiamo che il pubblico garantisce poco o nulla, ma non certamente il divertimento, visto come una sorta di lusso.

Il pubblico può passarti una visita medica (ormai neanche quella o almeno dopo mesi) per un bambino che non sta bene, ma non ti garantisce che quel bambino l’estate possa avere accesso a piscina e spiaggia. Qualcosa di fondamentale, invece, oggi che si superano i 40 °C in città.

Roma ha aperto tra mille difficoltà una libera sulle sponde del Tevere. Ma senza possibilità di nuotare e una solta in città, quando ce ne vorrebbe una per quartiere.

Se fossi un gestore di una piscina darei dei buoni a bambini meno fortunati. Forse qualcuno già lo fa. Ma a ogni modo non spetta al privato fare ciò che il pubblico dovrebbe fare.

Quel pubblico che di beni comuni parla sempre meno, perché non sa neanche di che si tratta esattamente, ormai, che sia a destra o sinistra. Eppure di beni pubblici gratuiti abbiamo un bisogno disperato. Sempre, ma in particolare l’estate.

Le amministrazioni si sveglino, provino a mettersi nei panni di chi resta e non ha modo di rinfrescarsi. Non dovrebbe essere poi tanto difficile. Basta anche avere un po’, ma proprio poco, di lungimiranza, intuizione, empatia.

La Svolta 15 aprile 2024

Foto di rein schoondorp da Pixabay

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