C’è un filo rosso che lega ciò che ci sta accadendo in questi ultimi anni. La diffusione di virus che si manifestano soprattutto con sintomi respiratori acuti, come il covid; di broncopneumopatie croniche ostruttive, di polmoniti tra gli anziani; il moltiplicarsi delle bronchioliti tra bambini piccolissimi, di allergie e, soprattutto di asma, un altra malattia che colpisce proprio i nostri organi respiratori.

Dovremmo proprio provare a guardarci da questo punto di vista, quello del respiro sotto attacco, e provare a collegarlo a ciò che sta accadendo intorno a noi. Perché apparirebbe chiaro che sia l’inquinamento, com’è più ovvio, sia la deforestazione con la relativa distruzione di habitat naturali che separano specie animali e uomo sia l’aumento della temperatura, di cui non conosciamo ancora tutte le possibili e inquietanti conseguenze sul comportamento di batteri, virus e agenti patogeni di ogni tipo, hanno comunque una conseguenza evidente: l’attacco alla vita, che si manifesta con l’attacco al nostro respiro.

I nostri pronto soccorso, specchio dell’inazione politica

Con cadenza periodica vengono diffusi dati relativi alle morti per inquinamento. Come quelli dell’Agenzia europea dell’ambiente, che stima in 284.000 i decessi prematuri nell’Unione europea dovuti ai livelli di polveri sottili, monossido di carbonio e biossido di azoto. E se in Europa in generale i morti sono in calo, l’Italia resta invece maglia neradel continente con circa 50.000 morti per le polveri sottili e oltre 11.000 per il biossido di azoto.

Siamo in cima alle classifiche per bambini e adolescenti malati di asma, adulti malati di malattia polmonare istruttiva cronica, tumore al polmone. Le associazioni che si occupano di questi temi, come Cittadini per l’Aria, si sgolano nel dire che, anche se l’Europa apre procedure di infrazione, continuiamo ad andare nella direzione opposta, senza renderci conto che questi inquinanti in apparenza invisibili sono mortali.

Le amministrazioni se ne lavano abbastanza le mani. Ne è testimonianza il comunicato della giunta di Roma di qualche giorno fa. Una nota in cui, a causa delle polveri sottili altissime, si invitavano fragili, bambini e anziani a stare a casa. Un comunicato così surreale che poco dopo è stato seguito da un altro dell’assessora all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei rifiuti Sabrina Alfonsi in cui si diceva che l’aumento era dovuto alle polveri da sparo dei botti di capodanno e che sarebbe presto rientrato. Un esempio di fallimento comunicativo, ma anche una certificazione di impotenza, anzi di mancanza di volontà politica (proprio Gualtieri ha rimandato di un anno l’avvio dei varchi elettronici della nuova fascia verde e ha aperto a un numero innumerevole di deroghe: certo che ci sono problemi sociali enormi, ma le decisioni non possono essere a scapito della salute dei fragili).

Intanto i pronto soccorso si riempiono di persone che tossiscono, respirano male, bambini allergici, asmatici, neonati che devono essere ricoverati. Il pronto soccorso è diventato lo specchio dell’inazione della politica sia sull’inquinamento che sulla crisi climatica.

Libri per respirare (ma la difesa della salute non dovrebbe essere privata)

L’altro fatto paradossale ma non troppo è che si stanno moltiplicando i libri che insegnano a respirare meglio, come quello, molto bello, intitolato L’arte di respirare, del giornalista scientifico James Nestor. O libri su pratiche meditative o yogiche di vario tipo, basate sul respiro. Come se provassimo a contrastare ciò che sta accadendo fuori con un gesto privato, anche per contrastare l’impotenza di fronte a ciò che accade. Ora, imparare a respirare meglio fa benissimo e riequilibrare il modo di respirare può cambiare in meglio la vita. Ma resta sempre il problema strutturale: se una famiglia abita al primo piano e le finestre si affacciano su una via ad alto traffico quella famiglia potrà fare ben poco contro i danni da inquinamento.

E per fortuna cominciano, ma sono ancora poco diffuse, le cause agli stati e ai comuni inadempienti, come quella intentata al comune di Torino da una famiglia il cui figlio soffre di bronchite cronica. È questo collegamento che ci manca, quello tra noi e l’esterno, tra il nostro respiro “interno” e quello che l’“esterno” ci fa respirare. Siamo ancora troppo convinti che la difesa individuale, privata appunto, ci possa proteggere ma purtroppo così non è.

Per questo ciò che servirebbe per proteggere il nostro respiro, cioè la nostra stessa vita, non è un altro corso per respirare meglio, ma una battaglia concreta e senza soluzioni di continuità a chi continua a fare norme sbagliate oppure dilazionare norme assolutamente necessarie. Ai comuni che mandano comunicati ridicoli, alle amministrazioni indifferenti a temi giganteschi, come l’inquinamento dell’aria o l’aumento delle temperature.

Se anche un gesto naturale è stato alterato

La consapevolezza che il nostro respiro è malato, che respiriamo sempre peggio deve diffondersi e deve cominciare a provocare più giusto timore, così come lo è quello verso malattie di cui facciamo meno fatica a intuire la causa. 

Purtroppo, anche un gesto così naturale è stato alterato, violato.

Purtroppo, dobbiamo combattere anche per qualcosa che dovrebbe essere ovvio e scontato. E si tratta della battaglia più grande dei prossimi anni, perché la malattia del pianeta si traduce soprattutto in questo: in virus e infezioni che attaccano il nostro sistema respiratorio.

D’altronde quando fa molto caldo e l’umidità è intensissima la sensazione è proprio quella del mancato respiro. Così quando siamo dentro una stanza affollata usciamo dicendo che “ci manca il respiro” e anche qui è facile il paragone con un pianeta dove ancora non abbiamo toccato il picco della popolazione, eppure siamo a circa 8 miliardi di persone.

Il problema è che, banalmente, non possiamo non respirare. Non possiamo astenerci dal vivere, rifugiarci in casa. Siamo in ballo proprio perché respiriamo. E allora è ovvio che cerchiamo di curare i nostri figli, che gli facciamo cambiare aria, come si diceva un tempo, quando possibile, che durante le ondate di calore cerchiamo di spostarli altrove o in qualche modo di proteggerli, ma tutto questo è una difesa giusta ma limitata e provvisoria.

Come cittadini dovremmo chiedere di più, dovremmo scendere in piazza contro l’attacco progressivo al nostro respiro, alla nostra vita.

Il respiro è, ormai, un fatto politico, diventa il diritto al respiro. E prenderne atto più velocemente possibile è la cosa migliore da fare.

La Svolta 15 gennaio 2024

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