Per chi vive a Roma c’è una nuova app – si chiama LifeAsti che servirà per valutare l’indice di rischio delle ondate di calore del proprio quartiere. È una app pensata soprattutto per la prossima estate quando, secondo i ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera del Cnr e dell’Università di Tor Vergata, pubblicato sulla rivista Urban Climate, alcune zone della città – in particolare il centro storico e alcune zone limitrofe – diventeranno vere e proprie isole di calore. Il problema sarà soprattutto di notte, perché, sostiene lo studio, la maggior parte delle notti della capitale saranno tropicali, ovvero con una temperatura superiore a venti gradi che impedisce al corpo umano quel raffrescamento necessario a sopportare la calura diurna.

Sarebbe una notizia importante, “la notizia” che gli amministratori dovrebbero prendere con la massima serietà. Invece, per esempio a Roma, gli amministratori sono persi a organizzare maxi eventi e convogliare il massimo numero di turisti in città, turisti che, anche loro, la prossima estate, si troveranno a vivere un’esperienza infelicissima che li spingerà forse persino ad andarsene.

Un problema di sanità pubblica senza pari

Del caldo in città, delle isole di calore in Italia parlano i tecnici, le riviste specializzate. Ma poi, di fatto, quello che si è fatto è ancora pochissimo, eppure si tratta di un problema di sanità pubblica senza pari, se è vero che ormai il picco di decessi si ha nei mesi freddi ma soprattutto in quelli caldi.

Le soluzioni ci sarebbero, sono state messe nero su bianco da studiosi ed esperti. In alcune città straniere sono stati installati dei nebulizzatori di acqua che rinfrescano i passanti. In alcuni casi, si tratta di aree più ampie che rappresentano delle aree di raffrescamento segnalate da una apposita app.

La soluzione più nota è, però quella, della messa a dimora di alberi lungo le strade, che andrebbe però fatta nella maniera più corretta e tempestiva possibile e curando le piante ogni giorno finché sono piccole. Non è difficile vedere nelle nostre città, invece, piccoli alberelli piantati ma o rimasti ancora piccolissimi dunque inutili ai fini dell’ombra oppure secchi a causa della siccità.

Tetti verdi, una soluzione poco usata

Un’altra soluzione utilizzata già in molte città al mondo e poco in Europa è quella dei tetti verdi e delle pareti verdi. Per i primi esiste già una legislazione precisa in Italia, si possono fare sia calpestabili che non, danno enormi benefici con un costo ridotto, eppure sono ancora poco utilizzati (e così le pareti).

Fondamentale, ovviamente, sarebbe smettere di consumare ulteriore suolo in città, lasciando quanto più possibile il terreno libero da cementificazione. Ma ci vorrebbe un’ulteriore passo concettuale fondamentale. Bisognerebbe cominciare a pensare, che d’estate, la città va vissuta non tanto all’aperto, quanto al chiuso.

Siamo ancora rimasti all’idea delle notti estive, tutti fuori, eventi musicali, etc. La verità è che, purtroppo, sempre di più occorrerebbe pensare a come ripararsi, dando per una volta più ragione al nostro tatto che alla nostra vista. Penso a esempio ai centri estivi: l’anno scorso la maggior parte teneva i bambini al chiuso, con l’aria condizionata o deumidificata, perché andare fuori era impossibile. I parchi stessi, a luglio e agosto, diventano difficilmente fruibili, caldissimi, arsi.

Da fuori a dentro, un cambiamento culturale necessario

Resistiamo mentalmente a questa verità – l’estate per noi è appunto esterna – ma invece ciò che un’amministrazione pubblica dovrebbe fare è cominciare a costruire strutture pubbliche per la cittadinanza che siano chiuse. Centro estivi e sportivi per i ragazzi, a esempio. Luoghi di ritrovo per le persone che rimangono in città. Ovviamente sarebbero luoghi chiuso magari con vetrate, ventilati, ricchi di piante e di fontanelle.

Posti grandi dove fare cose, potersi fermare a mangiare in attesa della sera. Di questo cambiamento che è anzitutto culturale non vedo traccia. Nell’indifferenza generale, ma soprattutto nella mancanza di visione di ciò che accadrà non dico nei prossimi anni, ma la prossima estate, la soluzione come al solito viene demandata al singolo. E così ricchi e poveri ormai si sono attrezzati con l’unica azione di adattamento possibile per un individuo. Il condizionatore, strumento energivoro che, mentre raffresca, riscalda, consumando energia e quindi semmai aggravando i nostri problemi. L’altra soluzione individuale è fuggire nelle seconde case, per chi ce l’ha. In questo caso, riservata a pochi.

Bere tanto e non uscire, i vuoti slogan

La soluzione individuale è quella, d’altronde, suggerita dalle stesse amministrazione nei piani caldo che l’estate vengono redatti stancamente, senza alcuna idea nuova o originale (d’altronde, ci vorrebbe una pianificazione a lungo termine). Mentre la crisi climatica si aggrava, siamo ancora alla distribuzione delle bottigliette d’acqua di plastica, oppure – sempre a Roma – alla mappa delle fontanelle, al suggerimento di bere molto e non uscire nelle ore calde (quindi praticamente sempre).

È una forma di segregazione non dissimile da quella del Covid, ma indiretta, meno visibile e, soprattutto, non uguale per tutti, visto che va peggio per gli anziani, che magari devono rinunciare anche a quella uscita diurna che rappresentava un momento di movimento fisico e svago psicologico importante. Anche se, a proposito di anziani, solitamente più religiosi, va detto che in estate i veri posti freschi pubblici e condivisi naturalmente, sono proprio le chiese. E già questo dovrebbe farci riflettere sulla perdita di spazi laici condivisi che la nostra svuotata democrazia non è più in grado di garantire.

La Svolta.it, aprile 2023

Foto di Neal Strydom da Pixabay

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