Questo post nasce, come spesso altri, da un’emozione. Anzi, da una “non emozione”. Quella che non ho provato vedendo il tir dei vaccini arrivare in Italia, foto che a tanti amici ha suscitato grande commozione.
Prima di spiegare perché quell’immagine mi ha lasciata del tutto fredda – così come non riesco purtroppo a condividere anche l’esultanza di tanti politici – è fondamentale però fare una premessa anche se retorica, visto che scrivo per un giornale (Il Fatto Quotidiano, ndr) che ascolta e divulga la scienza e visto anche che, nel caso il mio post avesse avuto anche un leggero tono antivaccinista, non sarebbe stato giustamente pubblicato dunque non sareste qui a leggerlo. No, non sono una no vax, qualsiasi cosa voglia esprimere questo concetto. Credo fermamente nella scienza, una delle cose più importanti che abbiamo, forse la più importante (secondo il bellissimo slogan diGreta Thunberg, “United behind the science”) ho fatto tutti i vaccini obbligatori a me e ai miei figli, più tutti quelli a pagamento, opzionali. Mi sono vaccinata contro l’influenza stagionale. Mi vaccinerò ovviamente contro questo nuovo virus quando sarà possibile e non appena ne avrò diritto.
Ancora un’altra premessa. Ovviamente il fatto che ci sia un vaccino contro il Covid-19 è una cosa assolutamente positiva. Ci consente, letteralmente, di prendere fiato. Dà speranza agli anziani che non escono di casa da quasi un anno, alle persone malate e fragili, alle madri e ai padri sfiniti, ai genitori, soprattutto, di quei ragazzi disabili che più hanno sofferto con il Covid-19, con danni spesso irreparabili.
Proprio ieri parlavo con la madre di un ragazzo disabile di venticinque anni che ora non vuole più uscire di casa, andare al centro diurno che copriva almeno parte del giorno, in cui era stimolato e aiutato. Sono drammi infiniti. Non posso dimenticare inoltre tutti quelli che lavorano al “fronte”, i sanitari, ma anche gli insegnanti. Spero siano i primi ad essere vaccinati, insieme agli anziani delle residenze che hanno pagato un prezzo assurdo in questa pandemia. Dunque non posso non dire che il vaccino è un aiuto fondamentale. Lo è, assolutamente. Ma non mi unisco all’enfasi dei tanti, anche opinionisti tv che ho visto in questi giorni, nei quali sinceramente spesso leggo soprattutto una voglia di archiviare rapidamente tutto e ricominciare la stessa vita di prima, senza impedimenti di sorta. In questo senso il vaccino mi fa persino paura, se verrà letto come una patente per riprendere a fare esattamente la stessa vita. Purtroppo per molti è così.
Durante tutti questi mesi di pandemia ho potuto constatare con favore come finalmente sui media veniva dato spazio alla scienza, o meglio ad una parte di essa. Medici, virologi, epidemiologi, immunologi finalmente hanno fatto irruzione nelle nostre case al posto di opinionisti senza competenze. Abbiamo imparato molto, anche sulla nostra salute. Forse, la presenza di questi specialisti è stata persino eccessiva, l’Italia infatti è stata uno dei paesi dove la cronaca del Covid ha preso più spazio. Praticamente il cento per cento dei palinsesti o quasi. Con un piccolo “ma”. Se delle conseguenze del Covid-19 si è parlato tantissimo, pochissimo se non per nulla si è parlato delle cause. Che non sono del tutto ignote. Alcuni giornali hanno parlato, citando il libro di David Quammen Spillover, delle condizioni che favoriscono il salto di specie: ad esempio, soppressione delle zone umide, deforestazione, riduzione della biodiversità. Lo stesso papa Francesco ha lanciato uno degli slogan più veri quanto più inascoltati: “Non possiamo essere sani in un mondo malato“. Decine di studi hanno mostrato il legame tra i contagi da Covid-19 e la gravità dei sintomi e l’inquinamento delle città.
Bastava spingere il discorso un po’ più avanti per fare “clic”, ovvero per collegare la pandemia ai temi ambientali. E quindi, oltre alla deforestazione, alla distruzione delle zone umide e della biodiversità, alla generale devastazione degli ecosistemi e soprattutto al cambiamento climatico. Sono temi collegati tra di loro, anche se i legami causali sono tutti da approfondire ed esplicitare. Eppure sono fondamentali per una cosa altrettanto fondamentale: evitare un’altra pandemia, magari più letale. Che resta assolutamente possibile. Questo nesso, purtroppo, i media non lo hanno fatto. E tristemente non lo ha fatto neppure il governo, se è vero che di cambiamento climatico e devastazione degli ecosistemi non si parla, mentre l’ambiente viene considerato una materia ancora secondaria, un tema da relegare al ministero deputato, peggio un tema su cui trovare compromessi. Come è stato di recente su tre argomenti fondamentali: i sussidi alle fonti fossili, per ora rimasti, l’autorizzazione a nuove trivelle, che resta, per ora, grazie a Renzi, i nuovi incentivi alle automobili non verdi, come diesel e benzina, un paradosso.
Sembra assurdo, ma mentre si parla di Recovery Plan – cioè di transizione energetica e decarbonzzazione – in Italia ancora è possibile ricattare il governo (ed è possibile che il governo si faccia ricattare) su temi ambientali che in altri paesi sono archiviati da tempo. Allora il punto è: cosa c’è dopo? Che idea di futuro abbiamo e che idea di futuro ha chi ci governa? Quando saremo vaccinati, quali azioni intraprenderemo? Continueremo a vivere esattamente come prima? A prendere aerei come prima? A vivere come se non stessimo saturando l’atmosfera di gas serra? Come potremo evitare un’altra pandemia? Come fronteggeremo le conseguenze dei cambiamenti climatici?
Per questo non riesco a gioire. Il dibattito politico, ma soprattutto quello mediatico, non mi sembra abbastanza complesso, perché non si può più parlare di salute, a mio avviso, senza parlare di ambiente. Solo un esempio: in questi mesi attraverso una app ho controllato tutti i giorni la qualità dell’aria di alcune città. Ce ne sono alcune che sono perennemente sopra i limiti in maniera veramente estrema. Il che vuol dire bronchiti, asma, allergie, tumori, anche infantili. I legami sono diretti, anche se non li vediamo perché non ce lo dicono abbastanza. E allora il vaccino lo prenderei come uno strumento, né più né meno, che abbiamo per poter cambiare le cose. Un altro pezzo di tempo che ci viene concesso, tutto qui. Non è un fine, uno scopo, ma un mezzo e bene va usato. Ma se non sappiamo qual è il fine, lo scopo, come potremo, appunto, usarlo bene?
Ho iniziato con una non emozione, finisco con una emozione. Ad esempio, quella provata appena saputo della definitiva elezione di Joe Biden. Quello è stato un momento veramente toccante, un’emozione profondissima che non provavo da tempo. Avevo “sentito” davvero cosa avrebbe significato per il mondo una rielezione di Trump e provavo un’angoscia fortissima. Ho sentito cosa significava, al contrario, una elezione di Biden. Molto concretamente, per la vita, la salute, l’uguaglianza dei cittadini statunitensi e di noi cittadini del mondo. Forse, è possibile, l’elezione di Biden ci permetterà di evitare il letterale baratro verso cui Trump ha spinto il mondo intero. L’elezione di Biden è politica e la politica è la possibilità di cambiare le cose. Solo da qui, dunque può venire realmente la speranza di cui abbiamo un bisogno estremo. No, non ci salverà un vaccino. Solo noi stessi possiamo salvarci, attraverso le nostre scelte, attraverso le nostre azioni. Politiche anzitutto, individuali, anche.
Il Fatto quotidiano, 28-12-2020