Proprio poche ore fa il governatore campano Vincenzo De Luca ha deciso di chiudere, oltre alla scuola primaria, medie e superiori, anche materne e nidi. Con questa scelta a mio avviso violenta, inspiegata ai suoi cittadini e alle famiglie campane, si rimandano a casa decine di migliaia di bambini di pochi mesi e pochi anni. Bambini che, vista la loro piccola età, hanno bisogno di cure infinite e di genitori che si dedichino loro a tempo pieno, anzi giorno e notte. Bambini che nei nidi e nelle materne imparano cose come la lingua, la prima socialità: cose assolutamente fondamentali. Ma tant’è.

Dei bambini, e delle famiglie, in questo momento sembra non importare niente a nessuno. Altrimenti non si spiegherebbe come mai un altro governatore, sempre di “sinistra”, Michele Emiliano, abbia potuto anche lui chiudere con scelta altrettanto allucinante tutte le scuole, a pochi giorni tra l’altro dell’ultimo Dpcm che imponeva la didattica a distanza alle superiori. E tenendo aperte le materne, o meglio la scuola dell’infanzia, solo perché, a suo dire, “non sono scuola dell’obbligo”. Come a dire, genitori non mandateceli.

Un messaggio sbagliato, frutto di ignoranza assoluta, ma degno di un paese che, nonostante la tanto sbandierata riforma Renzi, che voleva rendere quella dell’infanzia scuola dell’obbligo, ancora non considera la scuola 3-6 anni (non 0-3, pure altrettanto fondamentale) qualcosa di totalmente non opzionale per un bambino. Come l’acqua e il cibo.

Ma se in Campania la situazione epidemiologica è assolutamente grave, in Puglia c’è un’aggravante, visto che i contagi nelle scuole erano relativamente bassi, circa 400 studenti contagiati su una popolazione di oltre mezzo milione. Ci si chiede davvero con questi numeri perché mai il governatore abbia potuto fare una scelta tale. La risposta è semplice e l’hanno data sia lui sia il suo assessore alla sanità. Fare i tamponi a tutti i contagiati e la famiglie stava diventato complicato, troppa burocrazia.

Questa la spiegazione informale, che almeno sarebbe stata meglio di quella ufficiale. Ovvero: “Abbiamo capito che i contagi avvengono nelle scuole, per questo le abbiamo chiuse”. Una frase non suffragata da alcun straccio di dato, niente di niente.

Il tutto avveniva mentre Macron e la Merkel dichiaravano lockdown per i loro paesi. Lockdown che, però, tiene fuori le scuole, perché in quei paesi l’istruzione è considerata un bene assoluto da tutelare e da proteggere, il presupposto della democrazia che ha bisogno di cittadini formati (non da noi: infatti la nostra classe politica, oltre a essere per lo più fatta di maschi, bianchi, anziani è fatta anche da gente senza laurea, per non dire senza diploma).

Non solo: negli altri paesi i bambini sono considerati un bene pubblico, dunque fondamentale. Non come da noi, dove bambini e ragazzini sono un bene privato, in altre parole una questione di cui si devono occupare solo le famiglie e non lo Stato.

A sconcertare però non sono solo le scelte di governatori che scaricano sui bambini le loro incapacità e soprattutto le lacune di tutto il sistema. Andando a colpire i più deboli, in regioni dove l’abbandono scolastico è altissimo, e dove c’è tantissima povertà. Il che significa rendere i bambini ancora più poveri, privarli dell’unico pasto magari equilibrato della giornata, oltre che costringere i loro genitori, quasi sempre le madri, a lasciare il lavoro.

No, ciò che sconcerta, a dirla tutta, è anche la (non) reazione del governo. La ministra della pubblica istruzione Lucia Azzolina ha reagito in maniera giustamente veemente a entrambe le chiusure, quelle di Campania e Puglia. Peccato lo abbia fatto su Facebook, che non è un luogo istituzionale. In altre parole, all’invettiva non è seguito nulla e infatti è rimasta totalmente isolata. Il governo tace, e questo è veramente gravissimo nonostante i problemi enormi e senza pari che Conte sta affrontando. Gli altri ministri pure, a parte la ministra Bellanova e la ministra Bonetti (non a caso, solo donne). Come è possibile?

Ancora più raccapricciante, letteralmente, è stato però l’atteggiamento del Partito democratico a partire dal segretario Zingaretti, per finire col ministro della cultura Franceschini. Loro, che con la scuola si sono riempiti la bocca per anni, che nei loro programmi hanno sempre scritto che la scuola era la cosa già importante, ora difendono i vari De Luca e Emiliano. Li difendono talmente tanto che vorrebbero far fuori l’Azzolina, così da agevolare, magari, la chiusura di tutte le scuole.

Lo ripeto. Non solo non è stato assolutamente dimostrato che la scuola è veicolo di contagio (né che la chiusura riesca ad evitare che poi chi non va a scuola si assembri altrove), ma se pure la scuola fosse fonte di contagio, come dice De Luca, cosa facciamo? La chiudiamo fino al 2022, anno in cui forse avremo il vaccino per tutti?

Bisognerebbe cambiare radicalmente il punto di vista. E cioè dire che, se è vero che la scuola è un valore assoluto come i vari esponenti dicono a convegni e manifestazioni di piazza, allora va difesa a tutti i costi. Anzi, la società, e gli adulti, devono sacrificarsi per lasciarla aperta. Come ha scritto Tomaso Montanari in un articolo su questo giornale, “se chiudiamo la scuola, per che cosa stiamo combattendo?”. Se non combattiamo per i neonati, i bambini piccoli, abili e disabili, per i bambini che imparano a leggere e a scrivere, per i ragazzi che stanno crescendo e hanno bisogno fondamentale di incontrarsi in luoghi protetti dove imparano a vivere, per che cosa stiamo combattendo? Che senso ha la nostra stessa società?

Davvero, come ha scritto il pedagogista Daniele Novara nel suo ultimo bel saggio, I bambini sono sempre gli ultimi (Bur Rizzoli). Ultimi a livello pubblico, perché le loro famiglie, che tutto fanno pur di renderli felici, anche sbagliando magari iper proteggendoli, oggi si trovano veramente abbandonate. E le madri se la passano peggio di tutti, prive di sostegni ieri come oggi, nella pandemia.

Purtroppo, la cultura per cui “è tutta colpa della scuola” sta contagiando tutti, persino le stesse madri che a questo punto pensano davvero che sia meglio chiudere tutto, se la responsabilità è solo dei bambini. Ma così non è. D’altronde, nessuno i bambini li difende e sono certa che, se lockdown sarà, la scuola sarà subito chiusa, altro che spirito europeo, altro che condividere la stessa linea dell’Europa.

Proprio poche ore fa il governatore campano Vincenzo De Luca ha deciso di chiudere, oltre alla scuola primaria, medie e superiori, anche materne e nidi. Con questa scelta a mio avviso violenta, inspiegata ai suoi cittadini e alle famiglie campane, si rimandano a casa decine di migliaia di bambini di pochi mesi e pochi anni. Bambini che, vista la loro piccola età, hanno bisogno di cure infinite e di genitori che si dedichino loro a tempo pieno, anzi giorno e notte. Bambini che nei nidi e nelle materne imparano cose come la lingua, la prima socialità: cose assolutamente fondamentali. Ma tant’è.

Un messaggio sbagliato, frutto di ignoranza assoluta, ma degno di un paese che, nonostante la tanto sbandierata riforma Renzi, che voleva rendere quella dell’infanzia scuola dell’obbligo, ancora non considera la scuola 3-6 anni (non 0-3, pure altrettanto fondamentale) qualcosa di totalmente non opzionale per un bambino. Come l’acqua e il cibo.

Ma se in Campania la situazione epidemiologica è assolutamente grave, in Puglia c’è un’aggravante, visto che i contagi nelle scuole erano relativamente bassi, circa 400 studenti contagiati su una popolazione di oltre mezzo milione. Ci si chiede davvero con questi numeri perché mai il governatore abbia potuto fare una scelta tale. La risposta è semplice e l’hanno data sia lui sia il suo assessore alla sanità. Fare i tamponi a tutti i contagiati e la famiglie stava diventato complicato, troppa burocrazia.

Questa la spiegazione informale, che almeno sarebbe stata meglio di quella ufficiale. Ovvero: “Abbiamo capito che i contagi avvengono nelle scuole, per questo le abbiamo chiuse”. Una frase non suffragata da alcun straccio di dato, niente di niente.

Il tutto avveniva mentre Macron e la Merkel dichiaravano lockdown per i loro paesi. Lockdown che, però, tiene fuori le scuole, perché in quei paesi l’istruzione è considerata un bene assoluto da tutelare e da proteggere, il presupposto della democrazia che ha bisogno di cittadini formati (non da noi: infatti la nostra classe politica, oltre a essere per lo più fatta di maschi, bianchi, anziani è fatta anche da gente senza laurea, per non dire senza diploma).

Non solo: negli altri paesi i bambini sono considerati un bene pubblico, dunque fondamentale. Non come da noi, dove bambini e ragazzini sono un bene privato, in altre parole una questione di cui si devono occupare solo le famiglie e non lo Stato.

A sconcertare però non sono solo le scelte di governatori che scaricano sui bambini le loro incapacità e soprattutto le lacune di tutto il sistema. Andando a colpire i più deboli, in regioni dove l’abbandono scolastico è altissimo, e dove c’è tantissima povertà. Il che significa rendere i bambini ancora più poveri, privarli dell’unico pasto magari equilibrato della giornata, oltre che costringere i loro genitori, quasi sempre le madri, a lasciare il lavoro.

Ancora più raccapricciante, letteralmente, è stato però l’atteggiamento del Partito democratico a partire dal segretario Zingaretti, per finire col ministro della cultura Franceschini. Loro, che con la scuola si sono riempiti la bocca per anni, che nei loro programmi hanno sempre scritto che la scuola era la cosa già importante, ora difendono i vari De Luca e Emiliano. Li difendono talmente tanto che vorrebbero far fuori l’Azzolina, così da agevolare, magari, la chiusura di tutte le scuole.

Lo ripeto. Non solo non è stato assolutamente dimostrato che la scuola è veicolo di contagio (né che la chiusura riesca ad evitare che poi chi non va a scuola si assembri altrove), ma se pure la scuola fosse fonte di contagio, come dice De Luca, cosa facciamo? La chiudiamo fino al 2022, anno in cui forse avremo il vaccino per tutti?

Bisognerebbe cambiare radicalmente il punto di vista. E cioè dire che, se è vero che la scuola è un valore assoluto come i vari esponenti dicono a convegni e manifestazioni di piazza, allora va difesa a tutti i costi. Anzi, la società, e gli adulti, devono sacrificarsi per lasciarla aperta. Come ha scritto Tomaso Montanari in un articolo su questo giornale, “se chiudiamo la scuola, per che cosa stiamo combattendo?”. Se non combattiamo per i neonati, i bambini piccoli, abili e disabili, per i bambini che imparano a leggere e a scrivere, per i ragazzi che stanno crescendo e hanno bisogno fondamentale di incontrarsi in luoghi protetti dove imparano a vivere, per che cosa stiamo combattendo? Che senso ha la nostra stessa società?

Davvero, come ha scritto il pedagogista Daniele Novara nel suo ultimo bel saggio, I bambini sono sempre gli ultimi (Bur Rizzoli). Ultimi a livello pubblico, perché le loro famiglie, che tutto fanno pur di renderli felici, anche sbagliando magari iper proteggendoli, oggi si trovano veramente abbandonate. E le madri se la passano peggio di tutti, prive di sostegni ieri come oggi, nella pandemia.

Purtroppo, la cultura per cui “è tutta colpa della scuola” sta contagiando tutti, persino le stesse madri che a questo punto pensano davvero che sia meglio chiudere tutto, se la responsabilità è solo dei bambini. Ma così non è. D’altronde, nessuno i bambini li difende e sono certa che, se lockdown sarà, la scuola sarà subito chiusa, altro che spirito europeo, altro che condividere la stessa linea dell’Europa.

Con i dati in mano, invece, molto si potrebbe fare, ad esempio chiudendo solo alcune zone, lasciando aperti nidi e materne, cercando di modulare la didattica a distanza in modo che resti una quota di presenza. E agendo ovviamente su tutto quello che c’è intorno alla scuola: trasporti, sanità, lavoro. Ma è un lavoro faticoso. E visto che i bambini non contano nulla, tanto vale chiudere le scuole, con buona pace del diritto allo studio, mai tanto calpestato oggi e che dovrebbe essere un diritto che una regione singola non può violare in maniera tanto violenta.

La causa di tutto questo sta solo in un dato: abbiamo uno tra i più bassi numeri di laureati in Europa. In altre parole la causa è una sola: ignoranza. Ma davvero, che Zingaretti e i suoi non parlino più di scuola nei loro discorsi. Perché sarebbe insopportabile.

Il fatto quotidiano.it

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