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Un bicchiere colmo di mozziconi di cicche in cambio di un bicchiere di birra. È questo il vantaggioso scambio che lo stabilimento Tibu-Ron Beach di Barcellona – in nome dello slogan “Limpiemos la playa, cuidemos el planeta!” – ha riproposto anche quest’anno per sensibilizzare i turisti.  Ma tenere la spiaggia pulita conviene anche da noi, dove si moltiplicano le sensibilizzazioni intelligenti, come quella di un centro commerciale di Lecce, che dà buoni shopping in cambio della plastica raccolta in spiaggia. E che dire dell’idea di uno stabilimento di Focene, a Fiumicino, ma anche di 11 spiagge agrigentine,  che hanno creato installazioni a forma di pesce nella cui pancia lasciare rifiuti? 

D’altronde, diciamolo: manifestare sensibilità al problema della plastica in spiaggia – attraverso iniziative per pulire come il tour #plasticfree del WWF  – e magari bandirne proprio l’uso è il “trend” estivo di quest’anno. Una moda benedetta (nonostante il solito abuso di anglicismi) visto che, secondo l’indagine Beach Litter  di Legambiente, sulle nostre spiagge ci sarebbero circa 620 rifiuti ogni 100 metri, l’80% dei quali di plastica. Microplastiche, anelli e tappi di plastica residuo delle bottiglie (ne usiamo ben 8 miliardi all’anno), ma  anche  i non biodegradabili e non proprio indispensabili cotton fioc (per fortuna messi al bando dall’Italia prima di tutti gli altri paesi, già nel 2019). E poi mozziconi e bicchieri, cannucce, posate e piatti. 

Apripista nel divieto della plastica monouso in spiaggia – che sarà vietata del tutto nel 2021 – è la Puglia. Nei suoi stabilimenti si dovrebbero trovare solo materiali compostabili e carta. Niente bicchierino di plastica per il caffè, si torna alla vecchia tazzina o al bicchiere biodegradabile, sperando che non si sciolga in mano. La Regione ha pure stanziato dei fondi per le Ecofeste, manifestazioni a basso impatto ambientale. Non sono da meno Romagna, Molise e Toscana, che ha bandito la plastica dai suoi 900 stabilimenti balneari, mentre la Regione Lazio ha lanciato il progetto “Plastic Beach Free” per sostenere progetti anti-plastica in spiaggia. Non si contano davvero, poi, i comuni che hanno emesso ordinanze antiplastica: tra i tanti Lampedusa, Tarquinia, Ischia, Capri, le Isole Tremiti, Sperlonga, numerosi comuni sardi, l’Isola d’Elba. E c’è chi ha voluto essere filologico, come il comune di Sassari, e ha vietato persino di liberare palloncini nel cielo, a meno che non siano biocompatibili e gonfiati ad aria. Da ricordare anche la legge Salvamare, voluta dal ministro Costa, che ora consente ai pescatori di raccogliere e portare a riva la plastica trovata. Gli esperti, però, avvisano: non si può pensare si sostituire tout court la plastica con la bioplastica, il problema è anche la massa di rifiuti. Perciò se pensate di essere à la page bevendo un cocktail con la cannuccia compostabile vi sbagliate, la vera etichetta ecologica suggerirebbe di berlo dal bicchiere. E poi certo, la plastica è un nemico, ma non il più grande. Ne ha avuto un assaggio Jovanotti, che quest’anno ha lanciato i suoi Jova Beach Party all’insegna della lotta alla plastica, in tandem con il Wwf e Coop (che ha creato per l’occasione la nuova bottiglia di plastica ecologica special edition). Ad Albenga, però, il concerto è saltato. La causa? Erosione costiera, causata anche dall’aumento della temperatura dei mari, ovvero dal riscaldamento globale; un tema su cui c’è un’enfasi inversamente proporzionale a quella sulla plastica. Combatterlo è molto più complesso e pure meno politicamente corretto della sacrosanta battaglia alla plastica. C’è da sperare che diventi il  trend dell’anno prossimo.  

Il Fatto Quotidiano, luglio 2019

foto di Pok Rie

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