Certo la crisi economica, certo i costi elevati e i tempi lunghi della burocrazia. Ma a determinare il calo drastico dei minori stranieri adottati – dai 4.130 del 2011 ai 1440 del 2017 secondo i dati statistici dell’Istituto degli Innocenti – ci sono anche altri fattori. Anzitutto, il fatto che alcuni paesi extra Ue abbiano chiuso le porte all’adozione internazionale o messo norme più rigide, “privilegiando le soluzioninazionali anche a causa delle forti pressioni interne ed esterne per la riduzione delle adozioni internazionali”, dice Laura Laera, l’attuale vicepresidente della Commissione Adozioni Internazionali. Pesano poi, sostengono gli enti che si occupano concretamente di adozione, anche gli “scandali su presunti traffici di bambini e la paura rispetto a crisi o fallimenti adottivi, anche se i pochi dati che ci sono attestano il fallimento intorno al 3%, una percentuale molto bassa”, come spiegano dal Ciai, Centro Italiano Aiuti all’Infanzia. E poi c’è, secondo gli esperti, un’altra strada sempre più praticata, che sta incidendo sulla diminuzione del numero di famiglie che fanno domanda – dalle 6.092 del 2010 alle 3.196 del 2016 – e cioè “le pratiche come la fecondazione eterologa e l’utero in affitto, con cui si soddisfa il desiderio di genitorialità”, come afferma l’associazione non governativa Ai.Bi, Amici dei bambini. A difendere questa tesi non sono solo associazioni di orientamento cattolico, ma anche esperte “laiche” di adozione, come Anna Genni Miliotti, madre adottiva e autrice di numerosi libri (tra cui Mamma di pancia e mamma di cuore, Editoriale Scienza e il recente libro vademecum per genitori Adottiamo un bambino?, uscito per Franco Angeli editore). “Che il calo non sia dovuto solo ai costi e alle chiusure di alcuni paesi, ma a una crisi della cultura dell’adozione dovuta anche alle nuove possibilità aperte dalla scienza – dice – lo dimostra il crollo delle coppie che presentano domanda per l’adozione e il calo delle adozioni nazionali, una scelta gratis, senza costi. Oggi non si arriva a coprire tutti i bambini lasciati in ospedale, anche perché sono cresciute le mamme italiane che li lasciano perché non hanno soldi per mantenerli”.

Del rapporto tra i numeri delle coppie adottive e di quelle che si rivolgono alle tecniche di fecondazione assistita ha ragionato per ilfattoquotidiano.it anche la biologa e scrittrice Marta Baiocchi, autrice del recente In Utero. La scienza e i nuovi modi di diventare madre (Sonzogno). “Naturalmente – spiega – non possiamo conoscere i desideri intimi e le ragioni che dirigono le scelte degli individui, ma è facile pensare che la maggior parte delle coppie si rivolga alle tecniche di fecondazione assistita prima di risolversi per un’adozione. I dati disponibili d’altra parte lo confermano: sono state 77.522 le coppie che, nel 2016, sono ricorse alla fecondazione assistita, secondo il Rapporto Nazionale Pma, per un totale di 13.582 nati. Di questi bambini, circa uno su dieci (1.457 in totale) è stato concepito mediante fecondazione eterologa, da parte maschile, femminile o entrambe”. Un tasso di riuscita che, in proporzione, è più basso di quello adottivo. E che spesso, come nel caso della doppia fecondazione eterologa, porta a un bambino anch’esso privo di legami genetici con la coppia, come un adottato. “Naturalmente”, continua Baiocchi, “la gravidanza eterologa può, almeno in alcune circostanze, risultare più veloce, economica e semplice – non sono necessari esami di idoneitàné è richiesta l’approvazione degli atti da parte di un giudice – dell’adozione, e questo potrebbe certamente rappresentare un’altra ragione per sceglierla”. Inoltre, è possibile, anche se solo andando all’estero, anche omosessuali e single, visto che la legge italiana vieta a loro l’adozione. Racconta Camilla, che sulla sua esperienza ha aperto anche un blog: “Ero in menopausa precoce, single. Dopo un percorso di psicoterapia ho deciso che volevo un figlio, ma l’adozione mi era negata in quanto single. Così ho fatto una Pma con doppia donazione a Madrid, e oggi ho due gemelli che gestisco con l’aiuto di nonni e amici. D’altronde non avrei potuto fare altrimenti”.

ANN.

A confermare che l’adozione è sempre più una scelta che arriva dopo aver cercato un figlio grazie alla scienza è anche l’Istituto degli Innocenti, l’ente che effettua il monitoraggio dei dati per la Commissione Adozioni Internazionali: “Il fatto che le persone ritengano l’adozione come l’ultima spiaggia della genitorialità è dimostrato dal fatto che l’età di chi adotta è in costante aumento”, dicono dall’Istituto. “Tuttavia il calo delle adozioni a nostro avviso è dovuto soprattutto al fatto che in moltissimi paesi di provenienza si stanno implementando politiche per l’accoglienza dei bambini nel proprio paese, specie dei più piccoli. Infatti il crollo è omogeneo in tutti i paesi di arrivo. Anzi l’Italia è il paese con i numeri più alti. Non è detto, oltretutto, che sia un fenomeno solo negativo, anche se sarebbe importante verificare la qualità delle nuove politiche di accoglienza nazionale dei paesi di provenienza. Come secondo elemento della crisi c’è sicuramente l’aspetto economico. Non è un caso che la percentuale di persone laureate sia è altissima. In questo senso possiamo dire che l’adozione non è democratica”.

Ripartire dalle adozioni ‘flessibili’ – Aprire a single e omosessuali potrebbe aumentare il numero di bambini adottabili e adottati? “La disponibilità di coppie non sposate o single non andrebbe rifiutata a priori ma andrebbe valutata di volta in volta perché non è escluso che possa essere una risposta possibile per alcuni casi di adozione”, dicono dal Ciai. Ma quello su cui operatori ed esperti di adozione puntano è altro, come hanno dimostrato gli Stati generali di Firenze, un convegno internazionale della Commissione Adozioni Internazionali organizzato in collaborazione con l’Istituto degli Innocenti l’ottobre scorso: formule di adozione “flessibile”, che creino un legame immediato che poi porti naturalmente all’adozione. Si è parlato dei famosi soggiorni terapeutici (basti pensare che dal 2000 il nostro paese ha accolto 560mila bambini), delle vacanze preadottive (vere e proprie vacanze che i bambini italiani passano con una coppia con idoneità di adozione), dell’affido internazionale, dell’adozione aperta (dove non si interrompono i rapporti con le figure parentali originarie). Ma ci sono anche modalità di accoglienza sconosciute ai più, come quella dell’affido, altra formula poco conosciuta dalle famiglie – e che oggi può essere visto in prospettiva diversa anche grazie alla legge 173/2015, che dovrebbe assegnare la precedenza alle famiglie affidatarie in caso di eventuale adozione – e quella “Diventa tutore volontario di un minore accompagnato” promossa dal Garante per l’Infanzia e l’adolescenza. “Un modo – spiega la Garante Filomena Albano – per sostenere i minori soli nel nostri paese, senza l’impegno di un affido o di un’adozione”. In molti poi, dallo stesso Garante, all’Ai.Bi, alla Genni Miliotti, rilanciano la proposta dell’introduzione di un bonus, di almeno 10mila euro, per le coppie che adottano minori stranieri, coppie che oggi possono solo detrarre il 50% delle spese.

ANN.

Promuovere la cultura dell’adozione – Tutti concordano, infine, nel ricordare l’importanza di una promozione della cultura adottiva e di un’informazione più corretta sulle adozioni, oltre stereotipi e false informazioni. Secondo il Ciai, “ci si concentra troppo sugli scandali nei diversi paesi e non si raccontano le migliaia di storie positive, uniche, felici di adozione. Si parla poco di accoglienza e molto dei modi di avere un figlio”. “Basta parlare solo di scandali, basta far vedere i ragazzi adottati come bambini problematici, con ‘special needs’ e basta anche parlare di ragazzi straziati in cerca delle proprie origini”, dice a sua volta Anna Miliotti, che ricorda l’iniziativa “Siamo adottati e stiamo bene”, la cui quarta edizione si è svolta di recente a Firenze. “Anche i bambini ‘normali’ hanno problemi (pensiamo all’Adhd, disturbo da deficit di attenzione/iperattività) e troppo poco si parla dei successi dei ragazzi adottivi. Ai genitori che credono che solo con la pancia si crei il cosiddetto ‘bonding’, infine, voglio dire che non è affatto vero: il legame si crea immediatamente, anche senza gravidanza. E la gratificazione è immensa”. Lo testimonia Stefania, oggi madre di una ragazza adulta. “Stavo per iniziare la terza Fivet, ma non ce la facevo più, il carico emotivo era troppo forte”, racconta. “Decisi di prendermi una pausa, durante la quale iniziai a insegnare in una classe in cui c’era un bambino adottato, normalissimo. Ne parlai con mio marito e dopo quattro anni è arrivata una bambina ucraina di tre. Io però volevo un figlio, non una ‘pancia’”.

Il Fatto Quotidiano, 13 gennaio 2019

Foto di Dominika Roseclay

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