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Italiani popolo di donatori in rete: secondo l’indagine Donare 3.0, voluta da PayPal  in collaborazione con Rete del Dono e curata da Doxa Duepuntozero, circa l’83% dei venti milioni di internauti italiani ha effettuato una donazione nell’ultimo anno. Ma c’è un potenziale ancora inespresso, cioè una lacuna da colmare: quella delle persone che sono interessate a quella certa organizzazione nonprofit o anche a una piccola società che porta avanti progetti solidali, ma non arrivano a fare il “salto” della donazione.

Di questi ultimi si occupa appunto una figura, sempre più in crescita e ricercata dalle aziende non profit, del “digital fundraiser”.

Elena Zanella

Identikit di una professione

Ma chi è il digital fundraiser? Questa figura attraversa e si sovrappone in parte ad altre professioni digitali, come il community manager e il social media manager, il digital Pr manager, il content manager, il digital copywriter, il web analyst, il digital advertiser, il seo o sem specialist. Ma accanto alle “hard skill” – tra cui una perfetta capacità di scrittura dei contenuti, capacità numeriche e analitiche per la rielaborazione dei dati, abilità nella gestione dei social network e dei relativi strumenti di advertising, conoscenza dei software database – il digital fundraiser deve essere soprattutto dotato di “soft skill”: capacità di lavorare in team, flessibilità e capacità di adattamento, orientamento ai risultati e al problem solving, capacità creativegestione dello stress, passione per il sociale, capacità di ascolto e supporto del prossimo.

Rendere credibile un brand

Obiettivo principale del fundraiser, spiega Zanella, “è lacostruzione dell’identità del brand, del suo posizionamento e della sua credibilità. Un processo che passa necessariamente attraverso una buona attività di storytelling, ovvero di racconto della buona causa”.

Per farlo il fundraiser ha tre strumenti, che l’autrice chiama le “tre C”: Coinvolgere (la comunità), Coccolare (il donatore), e Comunicare adeguatamente. L’uso consapevole del linguaggio, adeguato al giusto canale, favorisce in particolare la costruzione di una relazione tra potenziale donatore e organizzazione, in un rapporto che ha un inizio definito ma potrebbe continuare per molto tempo.

Dall’ente al donatore: rivoluzionare la visione

Nei processi di comunicazione diretti verso la raccolta digitale di fondi, il focus passa dalla proposta di dono al comportamento del donatore. Un donatore, spiega l’autrice, “va aiutato a comprendere come il suo intervento possa fare la differenza e contribuire all’efficacia della buona causa”. È importante, continua l’autrice, che a una persona vengano forniti tutti gli strumenti che “lo mettano nella condizione di informarsi adeguatamente – se lo desidera – su chi è l’ente, cosa fa, come lo fa, con quali strumenti, con quali risorse. La trasparenza è quindi condizione necessaria nel lavoro di un fundraiser”. La relazione con il donatore potenziale, il donatore effettivo o con l’utente del servizio “va costruita, nutrita e fatta crescere costantemente”. Si tratta di un legame fiduciario che va coltivato con costanza e dedizione. Questo comporta pensiero, pianificazione e sollecitazione all’azione costanti. Un lavoro tutt’altro che semplice e tutt’altro che sporadico.

I sette canali di attivazione del dono

Molteplici sono i canali che, in epoca digitale, il digital fundraiser ha disposizione per “attivare il dono”, passando cioè da una conoscenza generica alla donazione vera e propria.

  1. Il primo canale fondamentale è il sito istituzionale, che deve essere funzionale e orientato al fundraising, divertente, interattivo, usabile e aggiornato. Ad esempio, è importante concentrarsi sul pulsante e sulle azioni del “Dona ora”, sempre rintracciabili e chiare.
  2. Un secondo canale, importantissimo, è quello del blog: “questo strumento favorisce il senso di appartenenza e merita una particolare attenzione perché può diventare estremamente strategico nelle scelte di comunicazione sia interna che esterna di una organizzazione”.
  3. Poi l’uso dell’e-mail che funziona solo se in presenza di un database proprietario e di qualità.
  4. Con il mobile, poi, l’invio di SMS profilati, magari in vista del 5 per mille, può essere utile per ricordare il proprio codice fiscale.
  5. E poi ci sono, ovviamente, i social media. “Obbligatorio avere una pagina Facebook da organizzare e curare come fosse il proprio sito istituzionale, con attenzione e cura costanti a cui eventualmente affiancare un gruppo”, spiega Zanella. Sempre rispetto a Facebook, l’autrice consiglia caldamente l’uso dei video, il monitoraggio tramite Insight, la pianificazione regolare di post sponsorizzati. Ma il social media più interessante per una organizzazione non profit resta comunque Twitter, utile soprattutto a favorire il traffico verso il proprio sito, purché, come scrive l’autrice, si “rifletta su un uso più strategico e meno sconsiderato del cancelletto e si agisca più propriamente sui contenuti”.
  6. Infine, particolarmente interessanti sono i sistemi di messaggistica legati ai social media, da WhatsApp a Telegram.
  7. Il web viene incontro al fundraiser grazie a piattaforme dedicate alla raccolta fondi dalle community.Il crowdfunding e il personal fundraising, ad esempio, sono strategie di engagement attualmente molto note e su cui si fa molto affidamento. Funzionano, certo, ma non senza un’adeguata strategia che li supporti. Tutto quindi gira intorno a un lavoro costante di pianificazione, strategia, raccolta, analisi.

Sviluppare una campagna on line: tutti i passaggi

 Per sviluppare concretamente una campagna di raccolta fondi occorre adottare il giusto mix di tecniche e strategie e lavorare per step.

  • Il primo passo consiste certamente nell’individuare con chiarezza i propri obiettivi (aumentare traffico del sito? Aumentare la fanbase? Raccogliere fondi? etc).
  • Il secondo nell’individuare le “personas” (che sarebbero “artefatti della persona-tipo che rappresenta i bisogni, le aspirazioni e i comportamenti di un particolare segmento di utenti reali”).
  • Terzo passo, pensare alla strategia e definire gli strumenti, quindi stendere un brief, cioè un documento che raccolga le informazioni, gli obiettivi e le eventuali richieste del board, dei volontari, dei collaboratori, finalizzati al progetto di comunicazione o raccolta fondi che abbiamo in testa.
  • Quarto passo: pianificare i contenuti, pensando a un piano editoriale su base mensile con declinazione settimanale.
  • A questo punto è fondamentale fermarsi ad ascoltare, rispondere alle reazioni, annotare i commenti più interessanti.
  • Gli ultimi step sono il controllo del progetto nel tempo e l’individuazione degli indicatori, la misurazione dell’input e l’analisi dei risultati in base agli obiettivi dati, infine la creazione di un report mensile, usando Insights e Analytics.

“Può sembrare un lavoro faticoso”, conclude Zanella, “ma la raccolta di risorse online è il futuro che ci aspetta. Come dicevo la cosa fondamentale è raccontare la storia della propria buona causa, costruendo un’identità distintiva rispetto alle altre: sapersi distinguere fa la differenza tra vivere e sopravvivere. Questo è vero sempre, anche per un ente che ha come obiettivo il benessere di un gruppo di persone, un’attività culturale, la ricerca scientifica. Questi obiettivi si raggiungono rimanendo sempre aggiornati sulle competenze tecniche che invecchiano in fretta ma soprattutto lavorando molto sull’empatia: un conto infatti è proporre un negozio di tolettatura per cani, un altro parlare di benessere degli animali”.

Casi di successo da cui prendere spunto per la loro efficacia e il loro impatto emotivo? Zanella ne cita alcuni. “#Runforemma&Friends, inserita nel contesto del Charity Program di Milano Marathon, una campagna di crowdfunding finalizzata all’acquisto di un mezzo di trasporto per Gabriele, bimbo affetto da SMA. O l’efficacia delle campagne proposte da Terres des Hommes Italia come “Indifesa”, geniale campagna di sensibilizzazione crossmediale rintracciabile. Oppure quelle digitali di Fondazione L’Albero della Vita (questa l’ultima in ordine di programmazione): organizzazioni, queste, da cui prendere spunto per fare bene.

Business insider 23 ottobre 2017

Foto di bongkarn thanyakij

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