L’esercito degli Yoga-amatori è in continua crescita. Ormai lo praticano anche adolescenti e anziani, e non c’è palestra di fitness che non abbia corsi Yoga, sempre più affollati di quelli di GAG o Body Pump. Ma lo Yoga fa sempre bene? E perché aumentano i casi di incidenti dovuti alla pratica yogica? In rete il dibattito è vivace, e sono spesso gli stessi insegnanti che intervengono, per chiarire i dubbi e puntualizzare alcuni aspetti.
La polemica infuria negli Stati Uniti
Il dibattito è partito dagli Stati Uniti, dove più di venti milioni di persone si dedicano ormai a questa pratica. A lanciare il sasso è stato, ormai qualche tempo fa, William J. Broad, autore del libro The Science of Yoga: The Risks and Rewards, di cui una sintesi è stata pubblicata in un articolo del New York Times che ha dovuto chiudere i commenti tante erano le reazioni polemiche. Broad cita le argomentazioni dell’anziano guru Glenn Black, del quale molti allievi sono reduci da infortuni seguiti da incidenti durante la pratica Yoga.
In seguito a questa esperienza, Black è arrivato a una posizione radicale: “la maggioranza delle persone dovrebbe abbandonare lo Yoga”. Viviamo infatti, secondo il guru, vite urbane, spese per la maggior parte del tempo seduti sulle sedie, così che lo Yoga si riduce a un paio di ore settimanali, nelle quali si pretende di fare pose avanzate nonostante la scarsa flessibilità e altri problemi fisici. “Ma ho visto anche insegnanti”, rivela Black, “fare la posizione del Cane a testa in giù così testardamente da lacerarsi i tendini di Achille”.
Insegnanti sempre meno preparati
Anche le riviste scientifiche – come Neurology, The British Medical Journal e The Journal of the American Medical Association – lo confermano da decenni (con tanto di storie cliniche a supporto): esistono posizioni Yoga realmente rischiose, che possono persino portare disabilità permanenti. Non è un caso che, negli anni 2000, il numero di ricoverati per incidenti Yoga, sempre negli Stati Uniti, è cresciuto esponenzialmente, senza contare quelli che si rifugiano da dottori, chiropratici e altri tipi di terapeuti. Sempre in America, nel 2009, un’ampia inchiesta rilevò che il maggior numero di incidenti durante lo Yoga aveva a che fare soprattutto con la spalla, il ginocchio e il collo.
Ma ad essere messa sotto accusa un po’ da tutti, come spiega anche l’insegnante di lungo corso Jessica Goldberg (che ne parla in un articolo apparso su Lapresse (leggi qui), è la formazione frettolosa degli insegnanti: “Si innamorano dello yoga, si iscrivono a una formazione che dure 200 ore e si lanciano nell’insegnamento”. Le conseguenze, conclude, sono facilmente immaginabili.
Sfatiamo alcuni miti: non è una medicina. E no, non inverte l’invecchiamento o potenzia la sessualità
E in Italia? Il dibattito si è più recentemente acceso anche da noi. Francesco Vignotto, che insegna nel centro Zenon di Novara, sostiene che non esiste al mondo “nulla che possa fare bene se non può fare anche del male, quando utilizzata in modo sbagliato” (leggi qui). È come per i metodi naturali: pensare che si possano comunque prendere “tanto non possono fare danni” è come ammettere che non abbiano neanche alcuna efficacia benigna. E dunque, per quanto basso sia il rischio di infortunarsi, “non significa che lo Yoga sia innocuo”. Secondo Vignotto, “lo Yoga non è una medicina, né un brand che produce pillole miracolose e immuni da effetti collaterali”. Non solo. “Qualsiasi tecnica insegnata nello Yoga, presa di per sé e isolata da un contesto e da un percorso personale, cessa di essere Yoga ed è anzi potenzialmente dannosa se eseguita senza alcuna cognizione delle conseguenze che questa pratica comporta, ma soprattutto dell’obiettivo che tali pratiche hanno all’interno del sistema originario”.
Ma ci sono altre “cattive” notizie: anche se è vero che lo Yoga può aiutare a risolvere problemi di salute, migliorare l’aspetto e le prestazioni di ogni tipo, è invece “del tutto falso” che lo Yoga “inverta il processo di invecchiamento, risollevi seni, distrugga la cellulite, potenzi le prestazioni atletiche, sessuali e mentali, raddrizzi le schiene e curi questo o quel disturbo o che guarisca miracolosamente da malattie che la medicina ritiene incurabili” conclude l’esperto.
Occhio all’integralismo ideologico e al divismo
Interviene nel dibattito anche il medico e agopunture Marco Invernizzi (leggi qui), che cita uno studio americano, dove si sostiene che le posizioni più rischiose sono quelle più avanzate, come le cosiddette inversioni: ad esempio la posizione sulla testa può portare a un aumento momentaneo della pressione intraoculare, e per questo dovrebbero essere praticate con cautela. Sempre Invernizzi porta l’attenzione, come tanti insegnanti Yoga, sulla pratica del Bikram Yoga, che è molto intensa e si svolge in stanze riscaldate e umide: per questo “può ridurre la capacità di avvertire il proprio limite da parte dell’allievo, aumentando di conseguenza il rischio di infortuni muscolari e/o articolari”.
Ma a potersi infortunare non è solo l’apparato muscolo scheletrico. Ancora più dannosa può essere un’ideologia dogmatica dello Yoga. “Ritengo infatti”, argomenta sempre Vignotto, che “integralismi, rigidità mentali e insane dinamiche di gruppo innescate soprattutto dal divismo da parte dell’insegnante siano dei veleni altrettanto dannosi quanto l’approssimazione nell’insegnare le tecniche corporee”. Di qui il consiglio a “cercare l’equilibrio, la concretezza più che l’immediata gratificazione emotiva, estetica o intellettuale” ed “evitare come la peste qualunque luogo dove si respiri aria di settarismo (chi è dentro è dentro e guai a chi si allontana) e dove si parli di argomenti che non si possano toccare con mano”.
L’unica cosa che conta? L’umiltà
E un monito a fermarsi di fronte a settarismi e personalismi è apparso anche qualche giorno fa sulle pagine del The Guardian (leggi qui). Dopo aver assistito al recente incontro-scontro sulla BBC (che verteva sulla proposta di regolare ruolo e compensi degli insegnanti yoga del paese) tra Paul Fox, il direttore del British Wheel of Yoga, un’associazione yogica storica inglese, e Swami Ambikananda Saraswati, un monaco indu, l’insegnante e scrittore Matthew Remski è intervenuto con un articolo sui possibili pericoli dello yoga. Premettendo che rispondere alla domanda se lo yoga possa causare danni o meno è complicato, perché prima bisognerebbe chiarire cosa sia davvero lo yoga (uno sport, una terapia, una religione?), Remski scrive che le sue ricerche lo “hanno portato a credere che se ci sono danni da temere, ebbene quelli derivano non tanto da particolare posture o da un training inadeguato, ma da relazioni di apprendimento disfunzionali nelle quali le attitudini e i comportamenti dispotici degli insegnanti più noti vengono interiorizzate dagli studenti”. In altre parole, il vero rischio sono “i culti della personalità che rischiano di normalizzare metodi di insegnamento opinabile”. Certo, continua Remski, se rivendicare che la propria pratica derivi da una tradizione religiosa induista di cinquemila anni può spingere le persone verso la credulità, anche l’ossessione per la sicurezza può inculcare in insegnanti e allievi nuove manie, imperniate intorno a parole chiave, come “biomeccanica”, “movimento funzionale” e “sensibilità al trauma”. “Ma così si dimentica che gli atteggiamenti migliori per fare lo yoga sono la spontaneità e la curiosità”. In conclusione dice Remski, “né i burocrati dello yoga, né i preti dello yoga possono garantirvi la sicurezza. Se invece incontrate insegnanti indipendenti, di basso profilo e che non si danno arie, potrete facilmente intuire che vi stanno offrendo spontaneamente qualcosa che né la regolamentazione ossessiva né la religione vi possono garantire: l’umiltà”.
23 novembre 2016, D. Repubblica.it
Foto di Elly Fairytale per Canva