Levissima Pro-Power al gusto di mora o Levissima Pro-Active al gusto mela verde? Sant’Anna Karma verde “ispirata al quarto Chakra, quello del cuore”, oppure Sant’Anna Karma giallo, che ravviva l’autostima? E che dire delle Linfe Vitasnella, ad esempio quella alla linfa di betulla, oppure degli Elisir Rocchetta, come quello al mirtillo con fiori di viola del pensiero? Le acque minerali aromatizzate sono ormai sul mercato italiano da anni. Costano ancor più dell’acqua minerale e producono, al pari delle minerali, migliaia di bottiglie in plastica da smaltire, mentre veicolano un messaggio sbagliato e fuorviante, quello per cui l’acqua dovrebbe avere un sapore.

Cominciare a cambiare questo approccio è possibile, facendo una cosa semplice e tuttavia ancora in mano a noi consumatori: smettere di acquistare minerali, sia le futili aromatizzate che quelle classiche. E non solo a casa, ma anche al bar e persino al ristorante, dove dovremmo finirla di vergognarci di chiedere acqua in caraffa, visto che in tutta Europa è una pratica normalissima.

Non si tratta di boicottare le aziende, anche se siamo di fronte a un business che di fatto avviene utilizzando una risorsa che sarebbe nostra, e cioè le sorgenti di acqua (i costi delle concessioni rispetto ai guadagni sono infatti irrisori). Il problema è che noi un’alternativa ce l’abbiamo, perché la nostra acqua è buona e potabile: eppure permane la convinzione che quella minerale sia migliore, anche a causa di pubblicità inneggianti alle magiche proprietà depurative delle acque minerali e dei loro benefici per la salute. E così l’Italia è il secondo consumatore di acqua in bottiglia al mondo: come documenta l’osservatorio Water Grabbing, che ha lanciato la campagna #stopacquainbottigliaogni italiano ne beve in media 208 litri l’anno, un’enormità, pagandola mille volte più dell’acqua di rubinetto.

L’obiezione più comune, però, è quella sulla qualità dell’acqua del rubinetto, il cui sapore spesso non piace. Per avere rassicurazioni sulla qualità, spiega Marirosa Iannelli del Water Grabbing Observatory, “si può andare direttamente sul sito della società che gestisce il servizio idrico per valutare la qualità dell’acqua”. Ad esempio, nel caso di Acea, a questo link si trova una mappa. Cliccando sul proprio indirizzo, si viene a sapere da quale acquedotto proviene l’acqua che arriva a casa e le sue proprietà. “In alternativa si possono richiedere in farmacia i test per l’analisi veloce dell’acqua”, aggiunge Iannelli.

E per il sapore? Anche qui esistono alternative. “Se dà fastidio il sapore del cloro, si può o semplicemente aspettare un po’ dopo aver versato l’acqua in una brocca, perché il cloro al contatto con l’aria va via; oppure esistono tutta una serie di brocche filtranti che non rendono l’acqua potabile ma ne modificano il gusto”, spiega Letizia Palmisano giornalista ambientale ed eco blogger. E se uno volesse l’acqua frizzante? “Esistono varie macchine che producono le bollicine, sono compatte e non vanno a elettricità”. Consigliabile, anche un addolcitore che decalcifica l’acqua. “Richiede una manutenzione e un controllo annuale, ma in questo modo non si intasa la doccia e gli elettrodomestici vivono di più e anche le prestazioni energetiche migliorano”, continua Letizia Palmisano.

Ma le bottiglie di plastica non sono riciclabili? In verità se ne riciclano meno della metà, mentre sono pochissime quelle fatte interamente in plastica riciclata (fonte Greenpeace). E quelle di vetro? Molto meglio, ma bisogna sempre tener presente che, se non viene riutilizzato, anche il vetro resta un “monouso”. E poi, ovviamente, bisogna trasportarlo dal luogo dove viene imbottigliato al supermercato. Insomma, solo l’acqua di casa è davvero a chilometro zero. E se proprio la volete aromatizzata, andate sul sito Autoproduciamo.it, della blogger, scrittrice e soprattutto presidente del Movimento per la Decrescita Felice Lucia Cuffaro. Li troverete varie ricette da fare in casa, il cui primo ingrediente è sempre questo: “acqua di rubinetto”.

(Il Fatto quotidiano, luglio 2021)

Foto di Katja Just da Pixabay.

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