Intervista al cardinal Ravasi
“Ama il prossimo tuo come te stesso significa anche ama la terra come te stesso: per la Chiesa tutto ciò che è creato è al tempo stesso ‘buono e bello’ e aver rotto quell’armonia originaria è un crimine”. Nel suo ultimo libro, Il grande libro del Creato. Bibbia ed ecologia (San Paolo ed.) Sua Eminenza Gianfranco Ravasi, esperto biblista ed ebraista, cardinale dal 2010 e Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, racconta la ricchezza ‘ecologica’ della Bibbia e il valore simbolico di luce, acqua, monti, alberi, animali, cibo. E spiega, con passione, perché fede e scienza non siano assolutamente divergenti, anzi, anche riguardo all’ambiente, possano andare di pari passo, come ha mostrato l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco.
Cardinal Ravasi, come mai abbiamo perso il senso ogni senso di sacralità della terra e dei suoi elementi e in che modo la Bibbia può aiutarci a riscoprirlo?
Non solo nella Bibbia, che è il grande codice della culturale occidentale per credenti e non credenti, ma in tutte le culture esiste una concezione anche simbolica della natura, per la quale il mondo è quasi come un testo da leggere. Purtroppo, oggi, è prevalsa invece una concezione solo funzionale e tecnica, che non è neppure quella propria della scienza. Infatti la scienza è più della tecnica, rappresenta anche un tentativo di scoprire gli effetti esterni della ricerca, senza affidare tutto alla mera funzionalità che è deleteria perché considera la natura solo come uno strumento da usare e gettare via, quando non è più utile e fruibile.
Oggi si parla molto delle cause umane dello sfruttamento ambientale: è il concetto di “Antropocene”. Potremmo utilizzare anche categorie etiche come quella del peccato, del male per descrivere ciò che l’uomo ha fatto alla natura?
Di fronte alla ormai palese devastazione dell’ambiente e ai vari segnali di degrado sono state adottate due categorie. La prima è quella che potremmo definire scientifico-economica, specifica dei grandi incontri internazionali, che pongono il problema del degrado dell’ambiente causato dall’uomo, appunto il concetto di Antropocene. Trattati come quello di Kyoto e Parigi sono un elemento importante per riconoscere che si è sbagliato e bisogna porre rimedio.
E la seconda?
La seconda proposta è quella delle religioni secondo le quali la questione ecologica ha anche un taglio etico e morale. La Bibbia comincia con un grande affresco del creato. I primi due capitoli della Genesi sono la celebrazione della sua bellezza. E si legge che Dio disse che il creato era cosa “buona e bella”, in ebraico tôb, appunto, che significa tre cose insieme, bontà, bellezza, utilità. Tuttavia nel capitolo terzo si fa notare subito che l’uomo, chiamato a “custodire e coltivare la terra”, scopre che egli ha trasformato il giardino del creato in una terra che produce spine e cardi ed è diventata desertica. Ecco due dimensioni: la consapevolezza “laica” di capire che si è commesso un crimine che si riverbera nella natura e quella religiosa che rende cosciente l’umanità di aver compiuto un peccato che rompe l’armonia voluta dal Creatore.
Le piaghe d’Egitto di cui parla la Bibbia sembrano essere la rappresentazione di ciò che accade oggi: siccità, cavallette, parassiti. Eppure anche noi non riusciamo a interpretare questi segnali per quello che sono.
Quelle pagine sono, ovviamente con le categorie scientifiche di allora, la rappresentazione di fenomeni moderni e attuali. Nel racconto delle piaghe d’Egitto, ad esempio, c’è il Nilo rosso, che è frutto di microorganismi che, degenerando, inquinano l’acqua; poi c’è il ritiro del Nilo, con la produzione di alcuni parassiti e i pidocchi legati proprio alle aree africane; c’è la mosca tropicale che attacca animali e umani, infine le cavallette che danneggiano l’agricoltura e persino, nella sesta piaga, una sorta di dermopatia probabilmente causata da antrace e da una situazione ambientale degenerata.
Non crede tuttavia che il mondo cattolico abbia ignorato troppo a lungo la questione ambientale, magari per concentrarsi su peccati forse meno gravi?
Nel racconto della Genesi l’uomo è al vertice di tutte le altre creature, ma viene creato il sesto giorno. E sappiamo che il “sei” nella Bibbia è segno di imperfezione, infatti il settimo giorno è il tempo di Dio, del trascendente. Dunque l’uomo e la donna sono rilevanti nel creato, ma lo sono col loro limite, nel bene ma anche sempre più nel male. Da viceré, colui che dà il nome agli animali e coltiva la terra, l’uomo, si trasforma in un tiranno. È importante che le religioni ritornino a dare rilievo a questa sorella che è la natura: ama il prossimo tuo come te stesso e anche la terra è nostro prossimo.
È il senso della Laudato si’ di Papa Francesco, che ha dato una svolta “ambientale” alla Chiesa.
La Laudato si’ da un lato ha celebrato il valore simbolico e spirituale del creato, che include anche un aspetto che va oltre la religione, l’aspetto estetico, quello della meraviglia, la contemplazione del cielo, delle stelle, le “costellazioni che tu hai creato con le tue dita”, come dice il Salmo 8. Ma in questa enciclica Papa Francesco unisce questo aspetto spirituale con i temi dei cambiamenti climatici, della biodiversità, delle generazioni, degli ogm e così via, mostrando che la questione spirituale e quella scientifica sono due strade, ma che camminano insieme. Nel mio libro dedico un capitolo proprio al rapporto tra scienze e fede: al di là delle diverse metodologie, sono due binari che devono correre paralleli ma talora è necessario che s’incrocino per far sì che l’umanità viva.
Il problema della difesa dell’ambiente può dunque rilanciare una nuova alleanza tra laici e cattolici?
Ribadisco ancora una volta la centralità dell’alleanza tra scienza e fede. In connessione con la parola “fede” potremmo collocare anche la filosofia, l’arte, la poesia. Non esiste unicamente la risposta tecnologica, come purtroppo molti credono oggi: lo stesso Steve Jobs nel suo famoso discorso ad Harvard agli studenti aveva detto che è necessario un connubio tra tecnica e cultura, umanesimo e scienza per far sì che esca un “canto dal cuore”. Non solo: mettere al centro l’uomo e la natura potrebbe essere l’elemento radicale di un nuovo dialogo interculturale e interreligioso e di un nuovo universalismo.
Ma a suo avviso da dove arriverà il cambiamento? Dalla politica? Dalla società?
È inevitabile che ora, dopo l’ottusità manifestata da certi politici, si sta sempre di più creando una società che ha una sensibilità ecologica che s’intreccia con quella economica, nel senso che si sa che, se si sfrutta o devasta troppo la natura, non sopravviviamo più. Oltre all’esperienza della pandemia che ha creato uno choc esistenziale, si è cominciato a capire che il consumismo bieco e l’industrializzazione senza limiti ci mettono in una crisi generale. È anche l’esperienza della morte, sia di un mondo che diventa un deserto, sia la morte stessa delle persone umane.
E i giovani come Greta Thunberg?
È significativo che le generazioni giovani sentano più di noi l’emergenza ambientale. Noi siamo legati ai modelli industriali del passato. E la Laudato si’ ha voluto mettere una sorta di sigillo alto su questo anelito dell’umanità. Greta può essere un simbolo, ma l’importante è che ci sia sensibilità tra tutti i giovani. Gesù aveva cambiato la rappresentazione dei bambini e dei ragazzi che nell’antico Oriente non avevano personalità giuridica e non venivano neanche registrati fino alla maggiore età. Gesù dice: “Se non diventerete come loro non entrerete nel regno dei cieli”. E dunque i giovani possono essere una lezione che penetra nelle nostre coscienze sclerotizzate di adulti.
Pubblicato sul Fatto Quotidiano.it di martedì 9 marzo 2021