“Vuole sapere quanti siamo? Le rispondo con una barzelletta che parla di noi. C’erano una volta tre poliamorosi seduti sulla panchina di un parco che si chiedevano: ma ci saranno altri poliamorosi in Italia?”. Luca Boschetto è presidente di R.ETI. – Associazione per la promozione delle Relazioni ETIche non‐monogame e cofondatore del sito primo sito italiano sul tema, Poliamore.org.

A proposito di numeri spiega che, nonostante si stimi che coloro che praticano una qualche forma di non monogamia consensuale solo negli Stati Uniti siano circa 500.000, è impossibile dare cifre precise, perché i poliamorosi non sono ‘censiti’.

Si tratta di un fenomeno in crescita costante anche in Italia – a Roma e Milano, ma anche a Torino, Padova, Bologna, Catania, Palermo e in Toscana, dove ormai si tengono incontri di discussione regolari – così come è in crescita l’interesse mediatico per il fenomeno.

Sul tema”, continua Boschetto, “ci sono anche due gruppi Facebook – Poliamore e altre non-monogamie etiche: discussione, confronto e supporto  e Policome. Gruppo di confronto e supporto sul poliamore  – che non sono finalizzati a fare dating ma, appunto, a discutere e supportarsi reciprocamente. Gli iscritti sono solo alcune migliaia, non solo perché c’è una selezione abbastanza severa per entrare (a protezione da quanti ci si avvicinino solo a scopi di “rimorchio”) ma anche perché moltissimi poliamorosi temono di dichiarare la loro condizione, ancora stigmatizzata. Oggi paradossalmente il tradimento è più accettato del poliamore: in altre parole, appare più socialmente accettabile la violazione di un accordo piuttosto che il suo rispetto, perché nel poliamore c’è sempre, è una condizione imprescindibile, il consenso da parte di tutti coloro che sono coinvolti”.

Né coppia aperta né sesso libero

Ma cos’è esattamente il poliamore? “Quando siamo nati nel 2012”, racconta sempre il fondatore di Poliamore.org, “in Italia non c’erano modelli a cui rifarci. E non basta certo dire ‘amiamoci tutti’ per far sì che le relazioni funzionino. Per fortuna ci sono venuti in aiuto alcuni autori e testi nordamericani”.

Tra questi, tradotti in Italia, ci sono libri come La zoccola etica. Guida al Poliamore, alle relazioni aperte e altre avventure di Dossie Easton e Janet Hardy, In principio era il sesso. Come ci accoppiamo, ci lasciamo e viviamo l’amore oggi, di Christopher Ryan ma soprattutto Domare il mostro dagli occhi verdi. Gestire la gelosia nelle relazioni non monogamiche, di Franklin Veaux ed Eve Rickert (tutti Odoya editore).

Così oggi la definizione è più chiara, a partire da ciò che il poliamore non è.

Anzitutto c’è una fondamentale differenza con la coppia aperta”, continua Boschetto.“La prima infatti è fatta essenzialmente da una coppia centrale in cui i due si autorizzano a fare sesso con altri purché non ci sia innamoramento. Invece nel poliamore possono coesistere più relazioni significative e profonde, nelle quali magari si vivono cose diverse: la convivenza, allevare dei figli, il lavoro, etc. Io vivo insieme a una delle mie compagne che ha a sua volta un marito che non vive con lei, ma la loro relazione è senz’altro altrettanto importante. In questo senso il poliamore non è una forma di relativismo etico, anzi il contrario. Né c’entra col sesso libero fatto con chi ti pare: se io ad esempio avessi voluto semplicemente scopare in giro, lo avrei fatto da single”.

Il poliamore, infine, non coincide con una coppia eterosessuale che cerca una donna bisessuale per fare sesso a tre. Questo atteggiamento, come racconta la giornalista Linda Dodgson su Business Insider Gran Bretagna, viene chiamato “unicorn hunting”. Ma, dice la dott. Elisabeth Sheff, autrice di The Poliamorists Next Door, “è sempre fallimentare, perché di fatto riflette la voglia dell’uomo di avere due mogli e insieme una certa egoistica indifferenza ai bisogni della persona che si vuole tirare in ballo”.

Il rifiuto dell’esclusività affettiva e/o sessuale

Una definizione in positivo, e chiara, di ciò che invece il poliamore è si trova sul sito Rifacciamo l’amore, dove per poliamore – chiamato anche nonmonogamia consensualenonmonogamia eticanonmonogamia responsabile – si intende “la pratica, o la possibilità, di intrattenere più relazioni intime contemporaneamente, nella piena consapevolezza e trasparenza di tutti gli attori coinvolti”. La concezione poliamorosa delle relazioni rifiuta l’assunto che l’esclusività sessuale e/o relazionale sia condizione indispensabile per relazioni affettive profonde, impegnate e a lungo termine. A differenza di quanto credono in molti, il sesso non riveste necessariamente un ruolo centrale, ma è piuttosto considerato come uno dei diversi aspetti che possono costituire un terreno comune in una relazione.

Infine le forme che le relazioni poliamorose assumono sono molto varie (ad esempio, i partner di una persona poliamorosa possono conoscersi oppure restare sempre separati, anche se spesso accade che si conoscano e diventino amici). Per questo i valori fondanti del poliamore comportano un approccio flessibile alle relazioni, oltre a richiedere una serie di abilità in termini di comunicazione, di negoziazione di regole e limiti, di gestione dell’emotività, in particolare rispetto ad atteggiamenti possessivi e di gelosia.

Vita da poliamoroso

Ma come vivono concretamente uomini e donne poliamorosi? Claudio ha 50 anni e fa l’informatico. Ha una compagna da undici anni.

Ci scontriamo su cose molto più stupide”, dice, “come la temperatura del condizionatore, ma invece siamo completamente aperti alla possibilità dell’inserimento di altre persone. Se lei è felice con un altro io sono felice, mi arrabbio solo se le fa del male. Pensi che quando io ho avuto una storia con una ragazza di 24 anni lei mia ha detto: ‘Vai, ma quando ti ricapita una botta di culo così?’ Questa frase l’ho ripetuta a una collega sconvolta da un tradimento ed è rimasta esterrefatta. La verità è che siamo tutti polirelazionali, cioè tutti proviamo sentimenti forti per persone diverse, solo i sociopatici o killer non ci riescono. Eppure la società di oggi ti dice: va benissimo provare sentimenti verso tanti, ma le ‘cose sporche’ le puoi fare solo con una persona. Assurdo”.

Giovanni invece ha 47 anni e fa l’avvocato. Racconta dei sensi di colpa dopo il suo primo tradimento, e dei suoi numerosi fallimenti di coppia prima di capire di essere poliamoroso.

In Italia c’è grande ipocrisia, nessuno va su YouPorn, nessuno va con le prostitute, poi si scopre che lo fanno tutti. Il fatto è che se sei sposato da trent’anni per forza hai un calo del desiderio, eppure nessuno ne parla, tutti credono con presunzione che a loro non capiterà mai”.

In molti casi il poliamore è stata una scelta avvenuta con la massima naturalezza.

Come nel caso di Tiziana e Gianni, veneti, una vita insieme e un figlio.

Un giorno ho sentito il desiderio di rivedere un mio ex di tanti anni fa”, spiega Tiziana.“Ho chiesto a mio marito se potevo farlo e ci siamo visti, a volte anche insieme. Non sapevamo che si chiamasse poliamore prima di venire in contatto con il gruppo della nostra città”.

L. invece ha 44 anni e vive a Pisa. Un anno di convento prima di sposarsi, un matrimonio religioso tradizionale e un figlio. A quarant’anni il primo tradimento, “curato” con una psicoterapia di coppia. Poi un’altra crisi, che l’ha spinta a parlare con suo marito e a fare ulteriore psicoterapia.

Vuole sapere a che mi è servita?”, racconta. “A capire che non era giusto pretendere che mio marito cambiasse. Io non l’ho tradito perché lui era stronzo, o c’era un clima difficile o mi trattava male. Semplicemente avevo voglia di concedermi altre possibilità, infatti per me non si trattava di ‘tradire’ ma di fare una cosa bella per me. Per me scoprire di essere poliamorosa è stato l’equivalente dello scoprirsi omosessuale. Oggi lui lo sa e ha accettato la mia natura. Purtroppo non vuole condividere questa esperienza e mi ha chiesto di lasciare fuori mio figlio, ma io spero che su questo possa cambiare”.

Figli, gelosia, tempo

 E proprio su come crescono i figli all’interno di famiglie poliamorose si rivolgono le critiche di chi non concepisce questa scelta di vita. “Per fortuna”, spiega Boschetto, “cominciano ad arrivare i primi studi in America dove si dimostra che i bambini crescono felici e tranquilli all’interno delle famiglie poliamorose. Io stesso ho tre figli e uno vive con me”.

Ma è vero che i poliamorosi non sono gelosi?

Non è del tutto vero, almeno non detto così. Anche noi siamo umani, ma la gelosia non è una patologia, si può imparare a gestire, proprio come deve fare un bambino cui nasca un fratellino piccolo. La gelosia esprime insicurezza, paura della perdita o altre emozioni su cui è possibile lavorare. Purtroppo viviamo in una cultura che la concepisce invece come la misura dell’amore. Semplicemente, per noi poliamorosi essere gelosi non può costituire un limite alla possibilità di amare dei nostri partner. Da questo punto di vista, il poliamore consente di scoprire emozioni nuove e meravigliose, come lo stato di gioia empatica che si può provare quando sai che la persona che ami è amata da qualcun altro, di essere felice se lei è felice – quello che noi poliamorosi chiamiamo compersione”.

Foto di Aleksandar Pasaric

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