Se Adamo ed Eva fossero stati bambini è probabile che, posti di fronte al celebre test del marshmallow, avrebbero immediatamente agguantato il dolcetto senza pensarci due volte. Infatti, la scelta avventata compiuta durante la loro vita di adulti – mangiare la mela proibita – dimostra in maniera lampante un deficit di autocontrollo, che fu letale per i nostri progenitori. A sostenerlo è proprio l’inventore del noto test, lo psicologo cognitivista di origine viennese Walter Mischel, scomparso l’anno scorso e di cui in questi giorni esce un libro fondamentale, Il test del marshmallow, edito dalla casa editrice Carbonio. Un saggio che raccoglie cinquant’anni di studi sull’autocontrollo, a partire, appunto, dal racconto di quel primo test compiuto negli anni Sessanta in una scuola materna degli Stati Uniti, che poneva i bambini di fronte al seguente dilemma: scegliere tra una ricompensa da avere subito (un marshmallow), suonando un campanello, oppure aspettare venti minuti e averne una doppia (due marshmallow). Mischel racconta di aver assistito, insieme ai suoi ricercatori, a comportamenti creativi e ironici, a volte commoventi fino alle lacrime: bambini che cantavano strane canzoni, facevano facce buffe o assurde, si mettevano le dita nel naso, inventavano strategie impensate per riuscire ad attendere. Lo psicologo spiega di aver scoperto, seguendo i bambini nel tempo, che maggiore era il tempo che i bambini erano in grado di aspettare, più alto era il loro punteggio per il college, così come il senso di autostima e la capacità di adattarsi a frustrazioni e stress. Addirittura, chi aveva saputo pazientare, da adulto risultava più magro e meno a rischio rispetto a droghe e dipendenze. A partire da quel test, e per tutta la vita, Mischel ha continuato a studiare con passione il tema della “forza di volontà” e delle condizioni che finiscono per vanificarla oppure attivarla (essere di genere femminile, ad esempio, aiuta, visto che le bambine sembrano decisamente più pazienti). Mischel era convinto che l’autocontrollo, quando non è eccessivo e ossessivo, sia fondamentale per una vita soddisfacente e felice. E per questo le risposte che lo psicologo dà nel libro sono utilissime per cercare di arginare l’educazione dei ragazzini di oggi, incentrata sull’immediata gratificazione e su uno sconfinato consumismo, ma anche sulla convinzione che i bambini abbiano diritto a tutto, mentre limitarli, incitarli a contenersi, incoraggiarli a sopportare delusioni e mortificazioni appare impensabile. Mischel ammonisce: se dovere e forza di volontà collassano, si sgretola anche la possibilità di essere vincenti nella vita. E allora è un paradosso trattare i figli come soggetti da compiacere continuamente ma dall’altro esigere da loro carriere brillanti da astrofisiche o ingegneri aerospaziali. Perché i vostri figli abbiano successo, conclude lo psicologo statunitense, non aiutano madri iperprotettive e asfissianti e in generali figure genitoriali che impediscono sia l’autonomia che l’autocontenimento. Ma neanche genitori poco coerenti, che non praticano l’autocontrollo su se stessi. Poi, per fortuna, il destino non è segnato e ragazzi incapaci di contenersi possono guarire, ad esempio con la mindfulness e un addestramento alla consapevolezza. A volte, inoltre, anche strategie ironiche e creative per eludere il dovere possono dar luogo a vite felici: come forse sarà capitato a quel bambino cileno che, in un esperimento condotto anni dopo sempre da Mischel, ma con biscotti a due strati, fu osservato mentre li apriva, leccava via la crema interna, e li richiudeva facendo finta di niente. Una cosa è certa però: se il test del marshmallow si dovesse rifare oggi, altro che dolcetto. Al suo posto ci sarebbe un tablet (o un telefonino). E chissà quanti sarebbero capaci di aspettare venti minuti prima di poterlo ghermire.
Il fatto quotidiano, marzo 2019
Foto di Tembela Bohle